Recensioni

The C-Word (2016)

Documentario del 2016, diretto e prodotto da  Meghan L. O’Hara (produttrice di SICKO, 2006 di Michael Moore), che segue come traccia principale, oltre alle vicende della stessa regista, la storia del Dottor David Servan-Schreiber autore del best seller: “Anti Cancer”, da cui vengono estratti i quattro blocchi principali del film: esercizio fisico, alimentazione, tossine, gestione dello stress. La “C” del titolo significa “Cancer” (Cancro). Voce fuori campo: Meghan O’Hara, con alcuni spezzoni narrati da Morgan Freeeman.

Introduzione

Lo dico subito, a costo di fare spoiler: le vicende narrate sono, a diversi livelli, strazianti. Chi ha la lacrima facile è bene che tenga una bella scorta di fazzoletti a portata di mano. Al contrario degli altri documentari finora recensiti (The Game Changers, What The Health e The Magic Pill), che di fatto presentano una lunga carrellata di successi personali tanto da sconfinare nella becera propaganda, in The C-Word, che si sforza lungo tutta la sua durata di rimanere nei binari della Scienza e della Medicina, non viene presentata alcuna cura definitiva, nessun messaggio di reale speranza. Il cancro è una malattia incurabile. Devastante per il paziente e per le persone che lo circondano.

Il giudizio finale è al termine della trama, come sempre. Ed è dato da: qualità tecnica, rispetto per lo spettatore, plausibilità scientifica.

The C-Word

Il docufilm si apre con un breve dialogo tra la regista O’Hara e un medico (a breve scopriremo che è il Dottor Servan-Schreiber). Voce bassa, rotta, quasi sussurrata.

Meghan O’Hara ricorda che all’indomani dell’orgia di premiazioni ricevute da SICKO, che insieme a Michael Moore l’ha portata sui red carpet che contano (Academy Awards, la notte degli Oscar, incluso), le viene diagnosticato un tumore al seno.

Mentre si affida alle cure dei medici, si avvicina al lavoro di Servan-Schreiber, un famoso medico canadese sopravvissuto ad un tumore al cervello e ad una recidiva. Ripresosi dalla seconda operazione, e da tutto ciò che ne è conseguito, ha cominciato a consultare centinaia di studi scientifici che avevano come tematiche la cura e la prevenzione del cancro.

Partendo da questi numerosi studi, ideerà un metodo “Anti Cancro”, ovvero una serie di regole di vita tali da rendere il proprio corpo inospitale per i tumori. Questo suo metodo è documentato nel libro “Anticancer“, che presenta e promuove in tutti gli Stati Uniti.

Il metodo “anticancer” del dottore, per alcuni scienziati è una sciocchezza, per altri invece merita attenzione e ulteriori studi.

Precisazione: il metodo di Servan-Schreiber non viene spacciato come “cura” del cancro, tanto meno come la forma di prevenzione definitiva. In buona sostanza viene presentato come: “tutto ciò che puoi attivamente fare per ridurre il più possibile i rischi di cancro“.

I postulati del metodo AntiCancer sono quattro.

  • Esercizio fisico: praticare attività fisica, anche moderata, diminuisce le possibilità di tumore. Se ti è già stato diagnosticato, può tenerlo a bada;
  • Alimentazione: migliorare la qualità della dieta e assumere porzioni di cibo considerato antitumorale (es: broccoli, cavolo rosso, mirtilli, fragole…) diminuisce le possibilità di tumore. Se ti è già stato diagnosticato, può tenerlo a bada;
  • Tossine: conoscerle e tenersene lontano -tossine negli alimenti, nei cosmetici, nei prodotti per la casa ecc. – diminuisce le possibilità di tumore;
  • Gestione dello stress: lo stress prolungato, con continua secrezione di cortisolo e adrenalina, può favorire le condizioni all’interno dell’organismo affinché si sviluppi un tumore. Lo stress management può ridurre le possibilità di sviluppare un tumore;

Il documentario, tra storie personali di pazienti intervistati, le vicende del Dottor Servan-Schreiber (che purtroppo avranno un tragico epilogo) e della regista, suddivide il resto del minutaggio in quattro blocchi, ognuno dei quali sviluppa i quattro pilastri dell’AntiCancer.

Da qui, tuttavia, lo spettatore italiano farà sovente difficoltà a seguire. Per ognuno dei quattro blocchi vengono forniti utili consigli alimentari, o sull’esercizio fisico. La parte delle tossine è interessante e anche quella della gestione dello stress ha comunque un suo senso di esistere. Tuttavia, grande spazio viene occupato dalla critica degli autori alle lobby alimentari che influiscono sulle scelte del governo americano, su leggi sulle tossine usate nei cosmetici molto meno restrittive che in Europa, il marketing iperaggressivo dei produttori di junk food, le porzioni esagerate dei fast food. Problemi che, per fortuna, in Europa non abbiamo.

Quindi, a meno di un interesse personale per il sistema politico ed economico statunitense, i molti e lunghi spezzoni dedicati all’influenza vergognosa delle lobby (che sappiamo essere un problema fisiologico del sistema politico americano, tanto da costituirne quasi un elemento imprescindibile), molte parti del documentario saranno di poco reale interesse per uno spettatore italiano.

Il documentario si chiude tristemente. La massa tumorale nel cervello del dottore si ingrandisce improvvisamente. Purtroppo non ce la farà. Si torna all’inizio: schermo nero, dialogo tra lui e la regista. Si comprende la ragione della voce spezzata dal dolore e dalla desolazione.

Morirà da lì a qualche mese.

Titoli di coda.


Recensione e Giudizio Critico The C-Word

Il tema portante del documentario è che non siamo noi a dover paura del cancro, è il cancro ad aver paura di noi. Il cancro viene esorcizzato, anche a colpi di humour nero (ci sono spezzoni presi da I Griffin, da South Park, da vecchi film e dagli sketch da stand-up comedy).

Fosse facile. E non lo è.

La O’Hara e Servan-Schreiber sono coinvolti, anche (e troppo) personalmente, e la narrazione spesso perde della lucidità e distanza che l’argomento, estremamente delicato, richiederebbe.

Sono pronta a scommettere sull’onestà e sugli intenti sinceramente umanitari del documentario, ma è chiaro che gli intenti scientifici e motivazionali delle informazioni fornite allo spettatore servono in qualche modo ai due protagonisti per trarre forza per affrontare la loro stessa malattia.

Cambiare stile di vita, alimentazione, essere più attivi, controllare le etichette dei prodotti cosmetici e cercare di vivere in un ambiente pulito, nonché cercare di non farsi vincere dallo stress, possiamo definirli “errati”? Certo che no. E, ribadisco, va lodata l’onestà intellettuale di non proporre l'”AntiCancer” come cura e prevenzione del cancro, bensì come l’invito ad assumersi la responsabilità di quelle variabili, su cui la persona HA facoltà di intervenire, al fine di minimizzare le possibilità di sviluppare un tumore. Forse non funzionerà, ma la persona potrà almeno dire di non “essersela andata a cercare”.

Giudizio critico complessivo: 8/10

Il Dottor Servan-Schreiber crede fortemente nel suo metodo. Ci vuole credere. Ci deve credere. E in questo suo percorso prova a sensibilizzare le persone a vivere meglio e le istituzioni a farsi carico delle loro responsabilità nelle (scellerate) scelte alimentari degli americani.

Sperimenterà (tristemente) su se stesso che il suo metodo va sicuramente perfezionato e merita ulteriori ricerche della Scienza. Parte della sua eredità è proprio la disponibilità, da parte di molti ricercatori, di proseguire i suoi studi.

Qualità tecnica: 7/10

La O’Hara, fresca di nomination all’Oscar per SICKO, i documentari di certo li sa realizzare. Non siamo ai livelli di “The Game Changer“, ma se aveva qualche conoscenza in ambito Hollywood, di certo l’ha fatta valere tutta. A cominciare da Morgan Freeman come (co)voce narrante, ai footage di serie tv di grande successo da cui ha potuto attingere.

Alcune animazioni sono in stile espressionista (sembrano disegnate da Munch) altre invece sono più standard. Di queste ultime non ho modo di sapere se sono di stock o realizzate ad hoc per il documentario.

Rispetto per lo spettatore: 10/10

L’onestà con cui si sbattono in faccia alcune strazianti verità: “…dal cancro non si guarisce mai realmente“, e il non proporre MAI le teorie di Servan-Schreiber come alternativa alla medicina occidentale (infatti sia lui, che la regista, sia tutti gli intervistati, si affidano sempre alle armi che oggi ha la medicina: chirurgia, chemioterapia, terapia farmacologica).

Narrare della tragica fine del Dottore canadese, è la dimostrazione che questo documentario, contrariamente a molti similari, non esiste per vendere qualcosa, per schierarsi contro la medicina, per vaneggiare di cure inesistenti ed elevarsi a guru. Servan-Schreiber era un paziente, prima che un dottore, ha studiato un modo per tenere a bada un tumore che sapeva di avere.

Non ha funzionato, ma valeva la pena provarci. E ancor di più vale la pena portare avanti i suoi studi.

Plausibilità scientifica: 6/10

Così come si è specificato per tutti gli altri documentari, si deve anche qui evidenziare per “The C-Word”, che molti degli studi da cui Servan-Schreiber fa nascere il metodo AntiCancer, sono osservazionali, su animali, o su piccola scala.

Di certo il dottore ha competenza nel comprendere studi scientifici. Ma è anche vero che, essendo personalmente, troppo, coinvolto, può essere stato influenzato da bias cognitivo.

Ripeto: consigliare di migliorare l’alimentazione, di tenere a bada lo stress e fare più attività fisica attiene al buon senso, prima che alla prevenzione dei tumori.

Molte delle informazioni fornite dal documentario trovano riscontro nella letteratura scientifica. Altre sono ancora ben lontane dall’essere dimostrate.

In conclusione.

Guardatelo. È utile, toccante e, tumore o meno, più di molti altri documentari vi farà venire il desiderio di alzare il culo dalla poltrona e iniziare a fare sport e mangiare meglio.

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Stefania Palazzo
La 'Stefy' è stata la prima autrice del sito nonché la prima a credere nel progetto Virtua Salute. Appassionata di medicine naturali.
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