Scienza Maledetta

Milgram Experiment (1961): il mito e, probabilmente, la realtà (Parte 2)

Ultimo aggiornamento: 6 Agosto 2020

Nella prima parte dell’approfondimento su uno degli esperimenti più famosi di sempre, il Milgram Experiment del 1961, ho trattato il background storico e culturale in cui nacque e ho iniziato a delinearne il funzionamento. In questa seconda parte proseguirò a narrarlo, a mostrarne i risultati ma anche, nella terza parte, a ridimensionarne la supposta valenza universale.

Non hai altra scelta, devi continuare

La macchina usata per l’esperimento oggi è esposta presso l’Archives of the History of American Psychology (AHAP) in Ohio, USA.

Milgram studiò un inquietante “generatore di shock“, con scariche elettriche che iniziano a 30 Volt e aumentano con incrementi di 15 Volt fino a 450 Volt. I numerosi interruttori erano etichettati con termini tra cui “Lieve scossa”, “Scossa moderata” e “Pericolo: scossa grave”. Gli ultimi due interruttori erano stati etichettati semplicemente con un sinistro: “XXX”.

Durante l’esperimento nessuno si fece male. Il suono delle scosse elettriche di intensità crescente, da 30 Volt a 450 Volt, era registrato e le urla e le lamentele dell'”allievo” erano il frutto di un’improvvisazione da parte dell’attore che lo impersonava.

Il test di apprendimento, o ciò che il volontario pensava che fosse, prevedeva che leggesse una parola da accoppiare con una delle quattro opzioni possibili. L’allievo quindi premeva un pulsante per indicare la sua risposta; se questa fosse stata errata, l’insegnante avrebbe inflitto uno shock elettrico, di tensione incrementale di 15 volt per ogni risposta errata. Se la risposta invece fosse risultata corretta, l’insegnante avrebbe presentato la coppia di parole successiva.

Se il volontario (l’insegnante) manifestava l’intenzione di fermarsi, l’assistente doveva incalzarlo secondo il seguente schema di ordini:

1. “Per favore, continua.

2. “L’esperimento richiede che tu continui.

3. “È assolutamente essenziale che tu continui.

4. “Non hai altra scelta, devi continuare.

Se dopo l’ordine #4 il volontario manifestava ugualmente l’intenzione di stoppare l’esperimento, l’esperimento si considerava concluso.

L’esperimento terminava anche a seguito della somministrazione, da parte del volontario, di tre scariche di intensità massima, 450 Volt, all’allievo. In questo caso l’allievo-attore era istruito a rimanere in silenzio, come a simulare uno svenimento o la morte.

L’assistente disponeva anche di un frasario standard in caso il volontario avesse mosso obiezioni o posto domande sulla sofferenza dell’allievo:

Anche se gli shock possono essere dolorosi, non ci saranno danni permanenti ai tessuti, quindi continua.

Che all’allievo piaccia o meno, devi proseguire fino a quando non ha appreso correttamente tutte le coppie di parole, quindi per favore continua.

Pronostici sui risultati?

Come spesso accadeva in occasione di esperimenti di tipo comportamentale psicologico [Lo abbiamo visto anche per l’Hofling Hospital Experiment (1966) – N.d.A.], i ricercatori convocavano un panel di studenti o esperti presentando la ricerca e chiedendo loro di fare un pronostico su quelli che sarebbero stati i risultati.

Per il Milgram Experiment furono chiamati ad esprimere una previsione quattordici studenti dell’ultimo anno di psicologia dell’Università di Yale. Ipotizzando un pool di 100 volontari, gli studenti pronosticarono un numero estremamente basso: solo 3 su 100, secondo i futuri psicologi, avrebbero inflitto la scossa finale da 450 Volt.

Milgram, anch’esso convinto che sono una frazione minima dei volontari avrebbe inflitto la scossa più intensa, convocò inoltre quaranta psichiatri di una scuola di medicina locale, chiedendo anche a loro un pronostico. La risposta fu che al raggiungimento dei 300 Volt la maggior parte dei volontari avrebbe abbandonato l’esperimento, con solo l’1% di volontari che invece sarebbe arrivato alla fine.


I risultati

Essendo i volontari statunitensi, Milgram sospettava che i risultati, qualunque essi fossero stati, non avrebbero reso l’idea di ciò che passava per la testa dei Nazisti: forse l’obbedienza cieca agli ordini dell’autorità era un tratto caratteriale tipicamente tedesco? I risultati dell’esperimento resero inutili ulteriori dubbi.

Al termine del primo esperimento, quello più famoso, 26 volontari su 40 (65%!) inflissero la scarica finale, quella da 450 Volt, contraddicendo tutti i pronostici.

Tutti (100%) arrivarono almeno alla scarica da 300 Volt. Quella in cui l’allievo era istruito a chiedere, disperatamente, di poter abbandonare l’esperimento.

Nonostante i volontari presentassero sintomi fisici di estremo stress, come sudorazione intensa e tremori, e nonostante tutti avessero mosso almeno un’obiezione sul proseguimento dell’esperimento, i risultati mostrano che la maggior parte arrivò ad infliggere la scossa finale, quella potenzialmente letale.

Secondo la testimonianza di Milgram, coloro che ad un certo punto si rifiutarono di proseguire [Bravi! – N.d.R.], comunque non si accertarono delle condizioni di salute dell’allievo, ma rimasero seduti al loro posto in attesa che l’assistente li congedasse ufficialmente.

Risultati simili furono ottenuti con successivi esperimenti, di cui si può avere la panoramica qui: “Obedience to authority : an experimental view” (ENG, accesso gratuito per 1 ora… fate in fretta!).

Il più esteso documento riguardante il primo e più importante esperimento della serie Milgram Experiment è un articolo di Stanley Milgram (non un paper pubblicato su una rivista scientifica): “The Perils of Obedience” (1974).


Le critiche all’esperimento, e i probabili retroscena…

Stiamo parlando di uno dei più importanti e influenti esperimenti psicologici del 1900, i cui risultati gettano un’ombra funesta sulla natura umana. Possiamo accettarlo così com’è o, forse, l’umanità non è tutta da buttare via nel cestino dell’umido?

Le obiezioni, etiche e tecniche, all’esperimento, nonché la pesante eredità che lasciò nel mondo della psicologia e della cultura, le analizzeremo nel dettaglio nella terza parte di questo approfondimento.

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Pavel Fucsovic
Nato in Croazia ma naturalizzato Italiano, Laureato in Scienze Motorie e raffinato scrittore di brevi racconti. Collabora anche con testate web locali del Nord-Est. ------ Note biografiche disponibili nella pagina Redazione | Tutti gli articoli, ove non espressamente specificato, sono sottoposti a Revisione Scientifica e Fact Checking.
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