Scienza Maledetta

August Bier e la settima anestesia spinale della Storia

C’è una “prima volta” per tutto. Dietro ogni alimento che sappiamo essere commestibile (ad esempio: il pervertito che scoprì che mungendo le mammelle della mucca usciva latte, e questo era bevibile dagli umani), dietro ogni mezzo di trasporto (prima dei F.lli Wright la storia dell’aviazione vanta una scia di sangue lunga da qui a Plutone) e, soprattutto, c’è una “prima volta” dietro procedure mediche che, oggi, diamo quasi per scontate. L’anestesia spinale, per dirne una.

Siamo anche d’accordo che, in campo medico, la “prima volta” in assoluto non può essere un esperimento -seppur ben riuscito- su un animale. Per entrare nella storia della medicina la teoria deve trovare applicazione pratica su un essere umano. Vivo. E che, possibilmente, rimanga vivo. E comprenderete che non è così facile da trovare. A causa di tale penuria di materiale su cui sperimentare, in passato non era infrequente che la primissima cavia su cui uno scienziato potesse trovare conferma (o, tragicamente, smentita) dell’efficacia delle sue scoperte era proprio egli stesso. O il suo assistente. O entrambi, come narra il mito del creatore dell’anestesia spinale e del suo assistente.

La prima anestesia spinale della storia

Ad August Karl Gustav Bier (1861 – 1949), un chirurgo tedesco, è accreditata la prima operazione chirurgica sotto anestesia spinale della Storia. Traducendo liberamente da Wikipedia.org: Il 16 agosto 1898, Bier eseguì la prima operazione in anestesia spinale presso il Royal Surgical Hospital dell’Università di Kiel. Il paziente doveva sottoporsi a resezione segmentaria della caviglia sinistra, gravemente infetta da tubercolosi, ma temeva l’anestesia totale in quanto aveva subito gravi effetti collaterali durante precedenti operazioni. Pertanto, Bier procedette con la “cocainizzazione” del midollo spinale come alternativa all’anestesia generale. Bier iniettò 15 mg di cocaina per via intratecale [ovvero l’iniezione di anestetico direttamente nel liquor spinale N.d.A.], il che fu sufficiente a consentirgli di eseguire l’operazione. Il soggetto era pienamente cosciente durante l’operazione, ma non sentiva alcun dolore. Due ore dopo l’operazione, il paziente iniziò a lamentare nausea, vomito, forte mal di testa, dolore alla schiena e alla caviglia. Il vomito, il dolore alla schiena e alle gambe migliorarono il ​​giorno seguente, ma il mal di testa rimase persistente. Successivamente, Bier eseguì anestesie spinali su altri cinque pazienti in occasione di interventi chirurgici agli arti inferiori, utilizzando la medesima tecnica e ottenendo risultati equivalenti. Effetti collaterali inclusi.

La settima anestesia spinale della storia

Certo, è sempre importante la “prima volta“, ma anche la settima volta, quando parliamo di anestesia spinale, è degna di essere ricordata.

Prima dell’iniezione di cocaina nel liquor spinale, le alternative, essenzialmente, erano due: il cloroformio, che era efficacie ma estremamente rischioso, in quanto sbagliare anche di poco le dosi significava uccidere il paziente, e l’etere, che era sì meno rischioso ma anche molto meno efficace, non era infrequente che il paziente si svegliasse anzitempo ovvero durante l’operazione chirurgica.

L’aver praticato con successo la prima anestesia spinale (poi la seconda, poi la terza…) rese Bier una “star” nell’ambiente medico germanico; tuttavia, per il medico tedesco non era abbastanza. Gli effetti collaterali, in particolar modo il persistente mal di testa, lamentati dai pazienti, che si erano sottoposti a spinale rendevano la procedura funzionante ma non del tutto perfetta.

Per meglio comprendere la portata e la gravità degli effetti collaterali della sua tecnica, decise di provarla su se stesso.

Una sera, al termine di una giornata di lavoro, Bier convocò il suo assistente, il giovane August Hildebrandt e lo informò delle sue intenzioni. Immagino un dialogo simile: “Ma professore, ma è sicuro di voler fare una cazzata simile? Ma poi perché io? Non me la sento.. mi tremano le mani, sin da bambino..“, ma il dottore lo rassicura: “Tranquillo, ti spiego io come fare, non puoi sbagliare, quando finiamo prometto di offrirti un calice di rosso al bar“.

È la fine dell’800, in Germania, e l’alcool gratis non si rifiuta mai. È un fatto personale.

La procedura era relativamente semplice e Hildebrant, come assistente del Dr. Bier doveva averla già vista fare in numerose occasioni. In ogni caso un breve ripasso male non faceva: “Ok, ricapitoliamo per la terza volta. L’ago lo inserisci qui, poi tappi col dito e agganci la siringa, fai piano, mi raccomando non sbagliare mira, mano e polso fermi sia quando entri che quando esci!“. Hildebrandt doveva fare una puntura lombare infilando un grosso ago attraverso le membrane che proteggevano il midollo spinale di Bier nello spazio pieno di liquido sottostante; subito dopo, inserire una siringa sull’ago e iniettare una soluzione di cocaina.

Tutto facile. In teoria.

Hildebrandt, effettivamente, infilò l’ago nell’esatto punto della schiena di Bier, coprì col pollice il mozzo dell’ago e allungò l’altra mano verso il bancone dello studio alla ricerca della siringa con la cocaina. “Ma dove cazzo l’ho messa???” disse tra sé e sé il giovane, mentre il medico, sentendo armeggiare alle sue spalle chiese: “Tutto bene là dietro?“.

Per cercare la siringa con la cocaina dovette staccare il pollice dall’ago, da cui iniziò a zampillare il liquido spinale del Dr. Bier.

E qui la mitologia dell’accaduto prende un bivio. Alcune fonti riportano che Hildebrandt sbagliò la procedura nel momento in cui doveva connettere la siringa con, effettivamente, la cocaina e l’ago, mentre altre, che hanno fatto da base per questo racconto, riportano che l’assistente, nel momento clou, non riuscì a trovare la siringa con la cocaina. (fonte 1 e fonte 2). Passati cento anni e oltre, credo sarà impossibile scoprire cosa realmente andò storto in questa prima parte di esperimento.

Bier, a cui di certo non mancava il sangue freddo, si voltò, con ancora il liquido spinale che usciva a mo di fontana dalla schiena, ordinò a Hildebrandt di medicarlo (ovvero: tappargli il buco) e pronunciò una frase ormai storica:

Ora tocca a te!”

Si narra che il giovane assistente accettò con le buone di sottoporsi ad anestesia.

Una volta che Hildebrandt fu anestetizzato e completamente insensibile al dolore (avvenne esattamente venti minuti dopo l’iniezione), Bier testò l’efficacia della tecnica prendendo a martellate l’assistente, praticandogli dei tagli con un coltello e ustionandogli le gambe con un sigaro acceso; inoltre, strappò alcuni dei suoi peli pubici e – presumibilmente desideroso di non lasciare nulla di intentato nel testare l’efficienza del nuovo metodo – schiacciò i suoi testicoli (non è dato sapere se manualmente o con l’uso di attrezzi).

Una volta esaurito l’effetto dell’anestetico, 45 minuti dopo, Bier onorò la promessa di pagare un giro di vino al bar. E questo nonostante le ferite. Le sofferenze che entrambi patirono nei giorni successivi furono importanti: il dottore dovette assentarsi per nove giorni dall’Ospedale, durante i quali, riferì, riusciva a stare in piedi solo per pochi attimi, trovando pace solo da sdraiato.

Carl August Hildebrandt

Hildebrandt, sul cui corpo Bier aveva infierito bellamente come se non ci fosse un domani e neanche un dopodomani, non fu così fortunato. Non avendo la possibilità di assentarsi dal lavoro e fu obbligato, letteralmente, a trascinarsi su una gamba, tra atroci mal di testa e i postumi dei, diciamo, esperimenti di percezione del dolore per oltre un mese.

Quando Bier documentò l’esperimento, minimizzò pesantemente tutto ciò che Hildebrandt aveva sopportato. “Aveva contusioni su gran parte del corpo e le gambe doloranti“. Per quanto riguardava Bier, l’esperimento aveva avuto un enorme successo. Aveva dimostrato che una minuscola dose di cocaina poteva attenuare la percezione del dolore abbastanza a lungo da eseguire importanti operazioni [da un minimo di: pelo pubico strappato ad un massimo di: stritolamento delle palle con tenaglie di ferro N.d.R.].

E il mal di testa persistente descritto dai sei pazienti, da Bier medesimo e da Hildebrandt? Esso era dovuto, secondo il dottore, alla perdita di liquido cerebrospinale durante la procedura, ed ebbe ragione: questo fu finalmente dimostrato negli anni ’50.

L’eredità di August Bier

L’anestesia spinale era molto più sicura dell’anestesia generale e, nel giro di due anni, i chirurghi di tutto il mondo avrebbero iniziato ad usare la sua tecnica.

La tecnica, così come fu inventata da Bier, pur con adeguamenti tecnologici moderni (es: gli aghi usati sono più sottili) viene usata ancora oggi.

Nel 1938 fu insignito del German National Prize for Art and Science, un premio Nobel-like istituito da Hitler nel periodo in cui agli scienziati tedeschi era precluso vincere il Premio Nobel, quello vero.

E il povero August Hildebrandt? Nella Storia della medicina viene ricordato, oltre che come punchball di Bier, per esserne successivamente diventato uno dei più feroci critici. Comprensibilmente.


Fonti ulteriori, per approfondimenti:

Spinal anaesthesia: a century of refinement, and failure is still an option

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Pavel Fucsovic
Nato in Croazia ma naturalizzato Italiano, Laureato in Scienze Motorie e raffinato scrittore di brevi racconti. Collabora anche con testate web locali del Nord-Est. ------ Note biografiche disponibili nella pagina Redazione | Tutti gli articoli, ove non espressamente specificato, sono sottoposti a Revisione Scientifica e Fact Checking.
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