Scienza Maledetta

Little Albert Experiment (1919)

Basandosi sulla scoperta del Riflesso Condizionato (Ivan Pavlov, 1903) nel 1919, lo psicologo comportamentista John B. Watson e la sua assistente Rosalie Rayner vollero dimostrare di poter condizionare i sentimenti di un bambino. Nello specifico, la paura.

Video dell’esperimento Little Albert

Dell’esperimento di Watson e Rayner è stato conservato un footage video:

Dal canale youtube: “New Scientist”

Forse l’esperimento psicologico più immorale di sempre

Condotto con criteri approssimativi, ai limiti dell’antiscientifico, senza alcun riguardo per le eventuali conseguenze che avrebbe sofferto il soggetto (in questo caso un bambino di 9 mesi), con una produzione documentale scarsa e poi data alla fiamme dallo stesso Watson poco prima della sua morte. L’ABC di come NON deve essere condotto uno studio psicologico.

Se, tuttavia vogliamo trovarci un aspetto positivo, il Little Albert Experiment scatenerà l’urgenza, in seno alla comunità psicologica, di mettere al centro della discussione la questione etica e iniziare a fissare dei parametri per la conduzione di esperimenti su esseri umani.

Chi era Albert B., alias “Little Albert”.

Watson non rivelò mai la reale identità del bambino. Fece, tuttavia, trapelare alcuni dettagli che, oltre novantanni dopo, permisero a due ricercatori di fornire due ipotesi su chi potesse essere realmente il bambino. Quasi per certo si sa che era il figlio di un’infermiera che lavorava al Johns Hopkins University Hospital a Baltimora (USA), sede dell’esperimento.

Non fu mai rivelata quale fu la motivazione che persuase la donna a concedere il proprio figlio per un esperimento di questo tipo: pressioni da parte del professore? Principio di autorità? Soldi? La minaccia di un allontanamento dall’ospedale? Non si saprà mai. Si sa solo che a studio terminato la donna si licenziò dall’ospedale e portò via con sé il piccolo Albert. Lontano. Il più possibile.

L’esperimento e i suoi limiti scientifici (ed etici)

Un esperimento scientifico dovrebbe essere organizzato affinché il ricercatore o i ricercatori possano registrare dati oggettivi e impiegare più soggetti come gruppo di controllo. La “ripetibilità” dei risultati di una ricerca è, del resto, alla base del metodo scientifico; in sostanza, altri scienziati dovrebbero essere in grado di replicare l’esperimento ottenendo risultati identici o molto simili. Anziché utilizzare questo metodo di sperimentazione, Watson e Rayner condussero i loro esperimenti su un solo bambino giungendo a conclusioni che definire ‘arbitrarie’ è un eufemismo.

Senza, ovviamente, contare che Watson e Rayner non posero in essere alcuna cautela nei confronti del bambino affinché fossero ridotte al minimo le conseguenze dello studio.

Il bambino è presentato come: “Albert B.” ma oggi è popolarmente conosciuto come Little Albert. Intorno all’età di 9 mesi, Watson e Rayner lo esposero ad una serie di stimoli visivi e tattili, tra cui un topolino bianco, un coniglio, una scimmia, maschere, giornali dati alle fiamme e ne osservarono le reazioni. Inizialmente il bambino non mostrava paura per gli oggetti e gli animali che gli venivano mostrati [a dirla tutta, dal video, non si denota neanche chissà quale interessamento da parte del piccolo Albert. N.d.R.].

Successivamente, Watson prese una sbarra di ferro e la colpì con un martello provocando un rumore tanto improvviso e forte da provocare il pianto nel bambino.

Ottenuta la reazione desiderata, ovvero spavento e paura, i due ricercatori avvicinarono al piccolo Albert uno degli stimoli iniziali, nella fattispecie il topolino bianco, associandolo però al suono improvviso del martello e alla paura che esso generava.

Il risultato fu che, dopo alcune ripetizioni dello schema [RUMORE + TOPO], il bambino sviluppò una fobia per il topo anche senza che la visione dello stesso fosse accompagnata dal colpo di martello.

Il classico “Riflesso Condizionato” di Pavloviana memoria, che al giorno d’oggi pare quasi una banalità, ma che prima di Watson e Rayner non era mai stato approfondito su esseri umani.

Stimolo neutro: il topo bianco
Stimolo incondizionato: il rumore forte del martello
Riflesso incondizionata: paura
Stimolo condizionato: il topo bianco
Riflesso condizionato: Paura

Con un autocompiacimento tale che lo prenderesti a schiaffi senza stancarti mai, Watson scrisse a proposito:

Nell’istante in cui gli è stato mostrato il topo, il bambino ha iniziato a piangere. Quasi istantaneamente si è voltato bruscamente a sinistra, cadendo sul suo lato sinistro, si è sollevato a carponi e ha iniziato a strisciare via così rapidamente che l’abbiamo preso con difficoltà prima che raggiungesse il bordo del tavolo

Watson.


I due psicologi rilevarono, inoltre, che il riflesso condizionato era stato generalizzato. Nonostante fosse stato ottenuto il riflesso condizionato della paura alla visione del topo, Albert infatti iniziò a provare disagio e piangere al cospetto di qualsiasi oggetto che gli ricordasse il manto peloso del roditore: un coniglio, la pelliccia di Rayner, Watson con la barba di Babbo Natale.

Una volta concluso l’esperimento Watson e Rayner non ebbero tempo e modo di disinnescare nessuno dei possibili problemi causati ad Albert: la madre del bambino lasciò la città senza preavviso, non appena terminato lo studio.
In ogni caso, la reversibilità dei danni psicologici provocati non era sicuramente in cima alla lista delle priorità di Watson e Rayner: non è dato sapere su cosa si basasse questa sicurezza, ma Watson assicurò i lettori dello studio che Albert sarebbe cresciuto libero da ogni paura e che l’esperimento non aveva provocato alcun danno psicologico a lungo termine.

Alla ricerca di Albert B.

Si potrebbe pensare che il Little Albert Experiment, sia per come fu condotto che per le critiche che ne derivarono, pose fine alla carriera di Watson. Invece no: l’attività dello psicologo all’Università di Baltimora proseguì indisturbata per anni, tanto da essere ricordato, ancora oggi, come il fondatore del comportamentismo ovvero la psicologia comportamentale.

Ad allontanare lo psicologo dalla sua cattedra fu lo scandalo della scoperta, da parte dell’Ateneo, della relazione segreta che intratteneva da anni con l’assistente Rayner. Watson infatti al tempo era sposato con un’altra donna e nell’America puritana degli anni ’20 l’adulterio e il successivo divorzio erano considerati al pari, se non peggio, di un crimine violento.

Che paese bizzarro gli Stati Uniti: devastare psicologicamente un innocente e inconsapevole bambino di 9 mesi = OK, grande! Continua così!
Avere un’amante = BUUUH! Via da qui, lussurioso!!!
(N.d.A.)

Nel cercare di dare un’identità ad Albert B sorsero quindi due problemi: 1) con l’allontanamento dall’Università Watson portò con sé tutti gli appunti (comprese le note mai pubblicate) dell’esperimento e, 2) ormai avulso dal mondo scientifico, poco prima della sua morte lì diede alle fiamme cancellando anche qualsiasi traccia che avrebbe potuto portare a trovare Albert B.

Cosa sia successo a (e chi fosse) Little Albert è stata a lungo uno dei misteri della psicologia. La speculazione più diffusa era che il bambino, crescendo, sarebbe diventato un uomo con una strana fobia per gli oggetti bianchi e pelosi.

Una decina di anni fa, tuttavia, è stata ipotizzata la vera identità e le sorti del bambino. Come riportato sulla rivista America Psychologist la psicologa Hall P. Beck, dopo una ricerca durata ben sette anni. Dopo aver rintracciato e individuato gli esperimenti originali e la vera identità della madre del ragazzo, la ricercatrice suggerisce, nel 2009, che il piccolo Albert fosse in realtà un ragazzo di nome Douglas Merritte.

La storia non ha un lieto fine, tuttavia. Douglas morì all’età di sei anni il 10 maggio 1925 di idrocefalo, un accumulo di liquido nel suo cervello. “La nostra ricerca è stata più lunga della vita del bambino“, ha scritto Beck della scoperta.

Nel 2012, Beck e Alan J. Fridlund pubblicano la loro scoperta. Douglas Merritte non era il bambino “sano” e “normale” che Watson descrisse nel suo esperimento del 1920. Scoprirono che Merritte soffriva di idrocefalo dalla nascita e presentarono prove convincenti che Watson fosse a conoscenza delle condizioni del ragazzo e intenzionalmente nascose lo stato di salute del bambino.

Nel 2014, tuttavia, è stato sollevato ben più di un dubbio sulle scoperte di Beck e Fridlund, quando un altro ricercatore, Russ Powell della MacEwan University di Alberta (Canada), ha dimostrato che un bambino di nome William Barger era il vero piccolo Albert. Barger è nato lo stesso giorno di Merritte da un’infermiera che lavorava al stesso ospedale della madre di Merritte. Anche se il suo primo nome era William, per tutta la sua vita fu chiamato con il suo secondo nome, Albert.

William Albert Berger era, invero, un bambino sano, che da adulto condusse una vita normale. I suoi parenti ricordano che aveva una specie di fobia dei cani, ma che molto probabilmente era sorta a seguito di un evento traumatico durante l’adolescenza (da giovane assistette alla morte di un cane a causa di un incidente stradale).

Fosse realmente lui Albert B, conforterebbe le dichiarazioni di Watson, che assicurò che il bambino godeva di ottima salute:

La vita di Albert era normale: era sano dalla nascita e uno dei bambini meglio sviluppati mai portati in ospedale, pesava 9,5 Kg a nove mesi. Era nel complesso stolido e privo di emozioni. La sua stabilità è stata una delle ragioni principali per cui lo scelsi come soggetto in questo test. Sentivamo che potevamo fargli un danno relativamente piccolo eseguendo esperimenti come quelli descritti di seguito.

Watson.


Mentre gli esperti continuano a discutere sulla vera identità del bambino al centro dell’esperimento di Watson, non vi è dubbio che il Little Albert Experiment abbia lasciato una ferita permanente nel campo della ricerca psicologica.


Fonti:

CONDITIONED EMOTIONAL REACTIONS – By John B. Watson and Rosalie Rayner (1920) (HTML, Eng)

Baby used in notorious fear experiment is lost no more (New Scientist, HTML, Eng)

All The Controversies Surrounding The Little Albert Experiment (HTML, Eng)

Correcting the record on Watson, Rayner, and Little Albert: Albert Barger as “psychology’s lost boy”. (HTML, Eng)

Finding Little Albert: A Journey to John B. Watson’s Infant Laboratory (PDF, Eng)

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Pavel Fucsovic
Nato in Croazia ma naturalizzato Italiano, Laureato in Scienze Motorie e raffinato scrittore di brevi racconti. Collabora anche con testate web locali del Nord-Est. ------ Note biografiche disponibili nella pagina Redazione | Tutti gli articoli, ove non espressamente specificato, sono sottoposti a Revisione Scientifica e Fact Checking.
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